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Per definirsi «monumentale», un albero deve avere almeno una delle seguenti caratteristiche: essere di ampie dimensioni, straordinariamente longevo, appartenere a una specie rara, possedere particolari requisiti storici e, infine, avere rilevanza paesaggistica o architettonica. La foggia, talvolta curiosa o singolare, l'importanza acquisita nelle tradizioni locali, l'attitudine a connotare un ampio contesto, la sua unicità rappresentano ulteriori elementi distintivi. A buon titolo, gli alberi monumentali devono, quindi, essere ammirati e protetti. Questa pubblicazione ne descrive quaranta che dimorano da alcune centinaia d'anni tra gli orizzonti e i paesaggi piemontesi, sparsi nella campagna, tra boschi e campi, in collina, tra le vigne, ai bordi di praterie alpine, a ridosso dei contrafforti appenninici, in riva a un lago o inseriti in un contesto urbano. Suggestionano per la loro doppia natura di creature telluriche, con radici saldamente innervate a decine di metri di profondità nella madre terra, e, al contempo, celesti, con ampie chiome protese verso il cielo. Impressiona la loro sfacciata bellezza e la facilità con cui rubano la scena a tutto ciò che sta loro intorno. Alimentano misteri e superstizioni, sono stati testimoni di intricate vicende e di trame segrete, hanno ispirano racconti e leggende mentre alla loro ombra si sono incrociati e sedimentati un numero infinito di destini. Prefazione di Tiziano Fratus.